GIANNI DE TORA

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1993 Antologica - Civica Galleria d'Arte moderna - Gallarate (VA) 21 febbraio 20 marzo

 
 
ARTICOLO DI MARIO FORGIONE APPARSO SU IL DENARO DEL 21/27 SETTEMBRE 1992

L'artista si avvicina al figurativo e all'informale

TORNA IN SCENA GIANNI DE TORA: LE SUE TELE VALGONO FINO A 20 MILIONI

Dopo Canada e Francia, l'Italia. Ovvero: il ritorno di Gianni De Tora. Dove? E tutti pensano a Napoli, sua terra d'elezione. E invece no. A Gallarate. La prossima mostra, prevista per febbraio '93, verrà ospitata negli spazi del glorioso museo civico della provincia di Varese. Sarà un'antologica: una cinquantina di dipinti in tecnica mista (si rivedranno anche gli oli con sabbia di fiume) realizzati in un arco di tempo compreso tra il '62 e il '92. Perchè Gallarate? Ogni anno una commissione (tra gli altri, Gillo Dorfles) propone l'esposizione di opere di artisti contemporanei. Per il '93 la scelta è caduta su De Tora. E lui, il maestro dell' «Ouverture», ha accettato e si è messo subito al lavoro nel verde del suo studio a Capodimonte. E la mostra al Maschio Angioino? E sì. Dopo Vancouver e Saint Paul, doveva essere il turno della sua patria artistica. Erano, come suol dirsi, maturi i tempi per un'esposizione di vasto respiro, un' antologica appunto che consentisse di fare il punto su questo cinquantunenne casertano che da oltre trent'anni sta illuminando la scena informale e che, a partire dagli anni '80, ha impresso una straordinaria accelerazione ai ritmi, alle tensioni, alle emozioni che si dipanano - fino a straripare - lungo la spirale magica del suo universo geometrico. Napoli, dunque. E, per la precisione: sala Carlo V in Castelnuovo. Tutto pronto, anche le date: dal 3 al 14 marzo '92. L'avete vista voi questa mostra preannunciata? Per informazioni bisognerebbe rivolgersi all'assessorato comunale competente. Una vicenda, questa della mancata mostra di De Tora a Napoli, che ha consentito di toccare con mano l'incapacità programmatica e promozionale degli addetti alla cultura della civica amministrazione. Una volta concessi spazi e tempi, l'assessorato si è brillantemente defilato. Ovviamente la mostra è saltata. Ho cercato di strappare a De Tora un commento. Niente da fare. Si è chiuso in un cortese e ostinato silenzio. Lui pensa a dipingere, a inseguire i suoi segni e i suoi sogni, che la critica (Pierre Restany, Enrico Crispolti, Filiberto Menna, Antonio Del Guercio, per citare i primi che mi vengono in mente) ha cercato di individuare e catalogare, e che invece continuano a sorprendere. Il lungo viaggio dell 'artista dal figurativo visionario all'informale geometrico prosegue senza soste. I collezionisti - musei pubblici, raccolte private - seguono con attenzione le indicazioni di mercato (dai 2 ai 20 milioni), mentre i critici sono costretti a ridefinirne ogni volta il linguaggio. Chi conosce De Tora, sa la sua ansia di nuovo.

 
REDAZIONALE SU LOMBARDIA OGGI DEL 27.2.1993

Gallarate -Gianni De Tora alla Civica Galleria d'Arte moderna

FIGURE ALATE

Nato a Caserta nel 1941, Gianni De Tora si trasferisce nel capoluogo campano a soli tredici anni, e qui a Napoli inizia a respirare l'aria pregna di arte e cultura, partendo dall'Istituto d'Arte e dall'Accademia di Belle Arti di Napoli. Le prime personali arrivano nel 1960 e mostrano subito la molteplicità dei suoi interessi che vanno dalla figurazione espressionista, alla vitalità del segno e del colore, alla forza dell'informale e della materia. Alla fine del decennio le sue opere si affiancano a quelle della Nuova figurazione. Emergono così sia le immagini del reale socio-politico, sia gli elementi estetici e decorativi trasferiti in una forma di astrattismo concretista. Fino a giungere nel 1972 ad un assoluto geometrismo. Un'assolutezza che dura ben poco: nelle opere dei due anni successivi la geometria elementare torna a mescolarsi con la molteplicità degli interessi dell'artista e l'elementare geometria deve accompagnarsi ad altro. Per quasi un decennio l'arte di questo pittore è speculazione mentale, riscaldata pur sempre da slanci lirici del suo animo che dona impulso sacrale alle geometrie classiche, il triangolo, il cerchio, il quadrato. Ma ritorna per l'artista il momento della rivincita dell'istinto, dell'emozione più sensuale. Con la sua nuova produzione dall' 84 in avanti, le figure geometriche si riappropriano di nuova magia e mistero (nelle foto accanto «Ouverture vert» 1989, acrilico su Carta intelata, cm.83X190 e «ll silenzio è d'oro» 1984, tecnica mista su tela, cm 100x100).

 
ARTICOLO DI ANDREA NANIA SULLA PREALPINA DEL 7.3.1993

GALLARATE- Alla Civica la seconda antologica del 1993 dedicata al pittore campano

STRUTTURE MENTALI IN GALLERIA -I NUOVI PERCORSI DI GIANNI DE TORA

La seconda mostra antologica del 1993 alla Civica Galleria d'Arte Moderna di Gallarate riguarda l'attività di trent'anni del pittore Gianni De Tora. Un'attività che iniziata negli ambiti dell'espressionismo e dell'informale ha via via attraversato diversi territori espressivi, ora con riferimenti all'astrattismo e ora alla Nuova Figurazione, e anche con legami al fantastico e al surreale. De Tora è nato a Caserta, nel 1941, ma si è artisticamente formato nell'ambiente di Napoli dove ha compiuto gli studi all'Istituto d'Arte e all'Accademia e dove a partire dal 1960 ha preso parte ad esposizioni importanti, e nel contempo ha partecipato attivamente al dibattito artistico-culturale che si andava svolgendo con interventi di Ungaretti, di Moravia, di Argan, di Umberto Eco e di altri. L'attuale suo ciclo creativo, derivante tra l'altro da un lungo tirocinio nella ricerca dell'organizzazione di "strutture mentali" in campo della geometria, è in particolare incentrato su un confronto ideale con la società in trasformazione e con la riconsiderazione delle personali esperienze di linguaggio. E gli esiti (suggestivi e ragguardevolissimi) sono opere dai contenuti di polemica sociale, e di sincera tensione poetica. Oggi, come annota Pierre Restany, l'universo di Gianni De Tora è di essenza scenografica e teatrale; nel quale sono soprattutto protagonisti «lo spazio pittorico e il colore». Un vivacissimo colore, dentro spazi sapientemente organizzati con forme geometriche e con estrosi segni di simbologia del magico. E talvolta, in elaborati di più spiccato intimismo, una studiata raffinatezza formale, compositiva e cromatica, caratterizza, invece, invenzioni di liriche armonie, per variegati racconti che in particolare riguardano il fascino della creatività sentimentale, nel bisogno di liberazione da qualsivoglia incaglio figurativo ... Nel complesso (1962-1992) l'arte di Gianni De Tora in effetti esprime un'avvincente tipica napoletanità di scoperto senso giocoso, ma anche pensoso e un poco ironico.

 
Foto di repertorio
 
 
 
ARTICOLO DI ENZO BATTARRA SU IL GIORNALE DI NAPOLI DEL 6.5.1993

Arte – Gianni De Tora : trent'anni di pittura nella mostra antologica alla galleria civica di Gallarate

La Civica Galleria di Arte Moderna di Gallarate ha recentemente dedicato una mostra antologica a Gianni De Tora. Una mostra «dovuta» se non altro per il lungo e costante impegno dell'artista napoletano alla ricerca di una scomposizione geometrica che si distaccasse prepotentemente dalle tendenze in corso in questi anni. La sua costante attenzione alla serialità gli ha permesso di integrare la propria pittura con quei segni che oggi caratterizzano le superfici e i campi geometrici delle sue opere. Ma veniamo al percorso antologico, dal 1962 al 1992, proposto dagli organizzatori, un percorso che abbraccia l'intera carriera artistica di De Tora. Sicuramente le esperienze iniziali degli anni '60 mostrano una natura molteplice che va da una figurazione espressionistica ad una pittura informale di tipo più materico: le scomposizioni di corpi e di oggetti si tingono di pastose integrazioni che rivelano anche un'approfondita conoscenza del materiale colore e della sua efficacia nel controllare lo spazio. Esperienza che sicuramente tornerà utile negli anni della ricerca più propriamente geometrica fondata essenzialmente sui canoni della teoria del colore. La eco della pop art americana raggiunge Napoli verso la fine di questi anni e sono molti gli artisti che ne reinterpretano, in chiave «popolare», i collegamenti e le forti connessioni con un sociale in trasformazione: nascono i gruppi, le riviste sperimentali che trovano in Luca (Luigi Castellano) uno dei maggiori teorici del movimento napoletano. Momenti di grande fermento entro cui fioriscono notevoli personalità artistiche ognuna, però, con una sua precisa identità e volontà d'intervento. Anche per De Tora il pop rappresenta un momento estremamente importante per ritrovare le fila di un discorso intrecciatosi, senza particolari sbocchi, nell'informale «spinosiano» tanto di moda in quegli anni. E' una protesta poderosa e dai contorni sociali di grande impegno e intensità che permette ad un'intera generazione di pittori di prendere le distanze da una pittura "eletta" per calarsi senza vincoli nelle più atroci espressioni di un malessere napoletano. Gli anni '70 simboleggiano sicuramente per De Tora il momento di riflessione più intenso: la sua pittura si «congela» perdendo gran parte della forte componente pop per intraprendere il cammino del concettuale geometrico. E' una svolta che lo contraddistinguerà per tutti gli anni successivi nel suo intenso scandagliare la forma matematica in un susseguirsi di interventi e ripensamenti alla ricerca della vera struttura. Dapprima con il bianco e nero e successivamente con il colore, triangoli, quadrati e circonferenze sono sostituiti dalla forma ovoidale, così come subiscono l'infinito sdoppiamento seriale e sequenziale per consentirgli un sondaggio accurato dello spazio dentro e ai margini dell'opera stessa. Le attività del gruppo «Geometria e ricerca», nato nel '76, portano l'artista allo scandaglio dell' elemento colore e delle sue ferree leggi percettive, trasformandolo in oggetto della speculazione pur restando l'unico protagonista materiale dell'opera. «Per quasi un decennio l'arte di questo pittore - scrive in catalogo il direttore della Civica Galleria d'Arte Moderna Silvio Zanella - è speculazione mentale, tuttavia sempre riscaldata dagli slanci lirici del suo animo che riscopre ed esalta sia l'intensità magico primordiale e sacrale delle strutture geometriche elementari - il triangolo, il quadrato, il cerchio, l' «ovo» - sia la vitale e miracolosa nascita, nell'opera stessa, della luce solare per opera dei colori primari - bleu,
rosso, giallo -. Per quasi un decennio De Tora ci propone sempre nuovi racconti di ritmi, di geometrie, di cromatismi, di strutture, di armonie programmate, calcolate e perfette».Ma la ricerca di De Tora va oltre e negli anni '80 gli spazi geometrici si riempiono di segni, di cancellazioni, di parole, di materia, in un lungo colloquio con se stesso e con una pittura che fino ad allora aveva cercato di dominare sotto le perfette campiture di colore. E la sua ultima produzione offre senza timori il netto ritorno alla pennellata più libera, anche se definita in strutture geometriche espansibili e dai contorni ormai rosi dall'intervento dell'uomo. «Ma il passaggio registrato - scrive Matteo D'Ambrosio in presentazione al catalogo della mostra - non ridimensiona l'aspetto laboratoriale, e l'estro compositivo non ha perso il gusto dell'inoltrarsi sul filo che unisce, in una dialettica inseparabilità, le polarità dell'ordine e del caso, della norma e dell'effrazione, del modello e dello scarto». Ma Gianni De Tora durante il suo lungo percorso di ricerca non ha mai tralasciato, neanche per un istante nella voluta solitudine del suo studio, quell'attenzione al sociale che già lo vide protagonista negli anni '60 e che gli ha consentito di esplorare le impressioni più insite dell'uomo attraverso un mirino preciso ed infallibile quale si è rivelato il suo geometrismo «condizionante».

 
ARTICOLO DI MARIO FLORIO SUL N.11 DELLA RIVISTA ARTE E CARTE DI NAPOLI DI MARZO 1993

ANTOLOGICA DI DE TORA

La Galleria Civica d'arte moderna di Gallarate presenta in questi giorni una mostra antologica di Gianni De Tora. L'antologica dell'artista napoletano, come scrive il Direttore del Museo Silvio Zanella nella presentazione del catalogo “ consente di verificare e rinnovare una testimonianza comune agli artisti autentici: sin dagli inizi infatti essi manifestano schiettamente di che pasta son fatti e quindi rivelano le componenti della loro personalità, che in successivi e particolari periodi possono essere in parte tacitate, ma che nella maturità e nel momento della pienezza tornano a manifestarsi”. Protagonista dell'astrattismo geometrico dagli anni settanta ad oggi, De Tora mostra un rigore espressivo che si esprime in toni, ritmi, geometrie e cromatismi e che lo rende portavoce di un “racconto” emozionante di fervida suggestione.

 
ARTICOLO DI MARIO FORGIONE SU IL DENARO -AFFARI AD ARTE- DEL 29.3.1993

Quotazioni in ascesa per l'artista casertano

DE TORA CONQUISTA GALLARATE

E venne l'ora di Gallarate. Tra febbraio e marzo la civica Galleria d'arte Moderna della provincia di Varese, a un tiro di schioppo da Milano, ha aperto le porte a Gianni De Tora. Non un'esposizione qualsiasi, ma un'antologica dedicata ad una star della pittura napoletana. Un successo di critica, pubblico, organizzazione, partecipazione compatta del mass media, manifesti, striscioni, presentazione di Pierre Restany, processione di esperti ed appassionati. E a Napoli nessuno ne sa niente. Perchè? “ Non lo so e, a questo punto, non mi interessa”, dice De Tora. Eppure, per un artista che da quasi vent'anni, dai tempi di “Geometria e Ricerca”, ha scelto Napoli come territorio creativo, questa indifferenza potrebbe ferire. “ Ferite, certo, ma rimarginate. Il fatto è – spiega de Tora – che Napoli non mi ha mai adottato, semmai è il contrario”. Cioè? “ Sono stato io ad adottare Napoli, per una scelta non razionale, intuitiva”. Non contraccambiata? “Solo sul versante propositivo, non su quello creativo, emozionale. Ma, per favore, parliamo d'altro”. Non parliamo, ad esempio, della mancata mostra napoletana a Castelnuovo, fallita per l'insipienza degli organizzatori. Parliamo invece di Gallarate e dell'efficienza di quella Galleria Civica, che ha consentito a De Tora di accettare l'invito ed esporre una trentina di “exempla”, da “Gli Astronauti” del '62 (olio e smalti su carta) a “Sequenza” del '92 (smalti, acrilico, grafite, acciaio, ferro su legno, inframezzati da “Rendez vous” e “I segni della pittura” (acrilici e smalti su tela) e da “Esprit de geometrie” degli anni '80 (tecnica mista su legno) che, con “ de Ovi historia” dell'81 ( acrilico e acquerello su carta) rappresentano le straordinarie varianti di un colloquio omogeneo caparbiamente riproposto secondo movenze e stilemi indocili eppure sempre più raffinati. Il dato sorprendente dell' ancor giovane artista casertano (appena cinquantenne) è questa perenne tensione, resa più visibile dalla scomparsa di estetismi, sovrastati da un pensiero forte e persuasivo. Le quotazioni sono pronte a un gran balzo, dopo l'effetto Gallarate (dai 3 milioni per le opere di piccolo formato, fino ai 30 per grandi dimensioni). E' già accaduto dopo Arezzo (1985), Vancouver (1987), Saint Paul de Vence (1991). Si vedrà in autunno.

 
foto di repertorio
 
 
 
 
 

ODE A DE TORA

NON SARA’ MAI TOTALE
IL RECUPERO DELLA GEOMETRIA
UNA DOLCE ANGOSCIA ESISTENZIALE
SPALMA DI MIELE
LE PROSPETTIVE ESTESE ALLA ROTHKO
LA DIMENSIONE ONIRICA
ANIMA SOTTO FONDO LE STRUTTURE PALESEMENTE
ELEMENTARI
GLI SPETTRI GESTUALI
INCRINANO LA GRAVIDA MAESTÀ’
DEI TRIANGOLI INVERSATI
STRANA ALCHIMIA DELLE PAROLE SUSSURRATE
SEMINANDO IL VIRUS DELL’IRONIA
ANTI-CORPO DELLA LOGICA DISCORSIVA
IL GIOCO DE TORA
E’ UN GIOCO SENZA H
SULLA TORAH DI MOSE’
IL GIOCO SULLA PAROLA
ESSENZA DEL MONDO
E COSI’ NASCE IL DIALOGO
IN CODICE...
DA VIRTUOSO
DELL’INTUIZIONE CRITICO-VISIVA
L’ARTISTA
NE SPINGE IL CONTENUTO
SEMPRE AL DI LÀ DELL’IMMAGINE
SI TRATTA SÌ, DI PITTURA
MA COME PURA COSCIENZA:
ESSERE L’AGIRE SENZA FINE
PER VIVERE IL VISIVO SENZA FONDO.

Pierre Restany-1984
inserito nel catalogo della mostra antologica
Museo Civico di Gallarate (Varese) 1993

ODE TO DE TORA

WON’T BE TOTAL
A RECOVERY OF GEOMETRY
A SWEET EXISTENTIALIST ANGOISH
SPREADS HONEY
ON THE EXTENDED ROTHKO PERSPECTIVES
THE ONEIRIC DIMENSION
ANIMATES IN THE BOTTOM THE EVIDENTLY ELEMENTARY
STRUCTURES
THE GESTUAL GHOSTS
CRACK THE PREGNANT MAJESTY
OF THE INVERTED TRIANGLES
STRANGE ALCHEMY OF WHISPERED WORDS
SOWING THE VIRUS OF IRONY
ANTI-BODY OF DISCOURSIVE LOGIC
THE DE TORA GAME
IS A FAME WITHOUT THE H
ON MOSES’ TORAH
A GAME ON THE WORD
ESSENCE OF THE WORLD
AND THUS DIALOGUE IS BORN
IN A CODE...
AS A VIRTUOSO
OF THE CRITIC-VISUAL INTUITION
THE ARTIST
PUSHES THE CONTENTS
ALWAYS BEYOND THE IMAGE
IT CONCERNS, YES PAINTING
BUT AS A PURE CONSCIENCE:
TO BE ACTING ENDLESSLY
TO LIVE THE VISUAL FATHOMLESSLY.

Pierre Restany- 1984
From the catalogue for the anthological Exhibition
Museo Civico di Gallarate (Varese )1993
(translated by Sergio Williams)

 
TESTO DI MATTEO D'AMBROSIO SUL CATALOGO DELLA MOSTRA

Le caratteristiche generali dell'opera di De Tora vanno probabilmente individuate nelle sue attitudini linguistico-investigative. Dopo le preliminari fasi di ascendenza figurativa e informale, negli anni Settanta l'artista ha occupato un ruolo di primo piano nell'ambito dell'astrattismo geometrico, partecipando, tra l'altro, alle attività del gruppo di Geometria e ricerca, nato nel '76. Alla base di quella produzione sono il colore primario, deciso e vitalissimo, e gli elementi semplici dell'ordine geometrico, spesso integrati da una simbologia cosmologica e/o archetipale; essi si intrecciano in una processualità narrativa, luogo e sviluppo di una serialità metaforica. Nel singolo dispositivo predomina infatti il livello sintattico, che solo superficialmente esibisce l'iterazione del pattern e, attraverso la ricognizione e l'individuazione della praticabilità delle opzioni disponibili, affida invece le sue implicazioni di senso alle tensioni trasformative della sequenza: divenire, scorrimento, variazione, modulazione, scomposizione, ritmo, per arrestarsi di fronte alla fenomenologia della vertigine combinatoria quanto si raggiunge la complessità di una ormai ardua ripercorribilità a ritroso. A parte i complessivi effetti scenografici, è in questo modo che De Tora mette in scena lo spettacolo, di minuta e sottile godibilità, della liberazione delle forme, il superamento e l'abbandono del calcolo, l'arresto del controllo operato con i parametri impliciti alla struttura geometrica e costruttiva. Opportunamente, l'esplorazione della specifica correaltà in cui gli oggetti estetici stazionano, a un tempo congegni e terminali di economie della comunicazione «a statuto speciale», risulta recentemente integrata da una più consapevole predisposizione alla componibilità ambientale delle opere e dall'attenzione per i materiali. Negli anni Ottanta, infatti, la pittura di De Tora ritrova una nuova libertà creativa: il segno registra il gesto, ha l'indipendenza e lo spessore segreto della soggettività, la fascinazione del reperto delocalizzato. Ma il passaggio registrato non ridimensiona l'aspetto laboratoriale, e l'estro compositivo non ha perso il gusto dell'inoltrarsi sul filo che unisce, in una dialettica inseparabilità, le polarità dell'ordine e del caso, della norma e dell'effrazione, del modello e dello scarto. Del resto, l'arte contemporanea scaturita dalle macrotendenze che riconobbero e diedero corpo agli statuti della modernità è caratterizzata dalle responsabilità ideologiche sottese ad ogni procedimento analitico; è così che l'artista oggi riflette, verificandoli e riformulandoli continua- mente, sui valori della creatività, per riconsegnarli infine, attraverso le strategie pragmatiche e comportamentali del fare, all'immaginario e al consumo.

 
TESTO DEL PROF. SILVIO ZANELLA DIRETTORE DELLA GALLERIA CIVICA DI ARTE MODERNA DI GALLARATE, SUL CATALOGO DELLA MOSTRA
DELLA MENTE E ALTRO

Anche per De Tora la mostra antologica consente di verificare e rinnovare una testimonianza comune agli artisti autentici: sin dagli inizi infatti essi manifestano schiettamente di che pasta son fatti e quindi rivelano le componenti della loro personalità, che in successivi e particolari periodi possono essere in parte tacitate, ma che nella maturità e nel momento della pienezza espressiva tornano a manifestarsi. Negli anni sessanta le esperienze iniziali di De Tora mostrano la molteplicità dei suoi interessi: la figurazione espressionista, la vitalità del segno e del colore, la forza dell'informale e della materia. Alla fine del decennio le sue opere si affiancano alle posizioni della Nuova figurazione pur mostrando con evidenza la complessità della sua natura di uomo e di artista. Tra le influenze del fantastico e del surreale, emergono sia le immagini del reale socio-politico sia gli elementi estetici e decorativi optical, trasferiti nei valori di una forma coloristica bidimensionale mutuata dall'astrattismo concretista. Come dire che ormai quelle opere rivelano un artista, la cui mente cerca di dare ordine alle passioni, alle sensazioni, alle percezioni ed alle estasi estetiche. Negli anni successivi la spinta dominante l'atto creativo, proviene dalla mente ed è tale da porre in silenzio ogni altra componente della sua personalità. Se nel '72 la ricerca della chiarezza e della semplicità di linguaggio sposta il suo interesse nel campo dell'assoluto geometrismo, già dal '74 tale assolutezza s'infrange sotto la spinta della molteplicità degli interessi concettuali dell'artista e la geometria elementare deve accompagnarsi ad altro: al razionale reticolo che stabilisce i rapporti delle forme e degli spazi, alle mutazioni strutturali, al dinamismo delle progressioni o sequenze geometriche. Per quasi un decennio l'arte di questo pittore è speculazione mentale, tuttavia sempre riscaldata dagli slanci lirici del suo animo che riscopre ed esalta sia l'intensità magico primordiale e sacrale delle strutture geometriche elementari - il triangolo, il quadrato, il cerchio, I'”ovo”- sia la vitale e miracolosa nascita, nell'opera stessa, della luce solare per opera dei colori primari - bleu, rosso, giallo -. Per quasi un decennio De Tora ci propone sempre nuovi racconti di ritmi, di geometrie, di cromatismi, di strutture, di armonie programmate, calcolate e perfette. Ma arriva anche il momento, poco prima del '85, che l'intera personalità di questo artista si riappropria dell'opera ed alla mente si affiancano prepotenti i sensi creando nuovi e diversi equilibri ed ulteriori armonie. Al rigore subentra la libertà, al calcolo il canto, alla programmazione l'emozione visuale, alla mente l'istinto: ed i suoi racconti, che partono sempre dalle precedenti sacrali figure geometriche, diventano più complessi e si arricchiscono di nuove magie, di nuovo mistero e di nuovo fascino.

 
Foto di repertorio
 
 
 
Manifesto della mostra
 
estratto della conferenza: TESTO DI PIERRE RESTANY
... È bello in un periodo in cui l’Italia attraversa un momento difficile, che ci siano ancora queste isoledi libertà del pensiero creativo.Io ritengo che questo felice incontro abbia proprio questo significato. La storia ci ricorda momenti di repressione della cultura. Ecco perché è importante poter parlare di questo tipo di libertà oggi ed essere in un ambiente democratico a discutere d’arte. Questa è la temperatura mentale e sentimentale del mio amico De Tora e delle sue opere. Sono venuto qui non solo per fargli i complimenti, ma soprattutto per testimoniare la mia amicizia nei suoi confronti, una vecchia amicizia che dura da più di vent’anni, è stato per me come un modo per ritrovarlo. Qual è il messaggio della pittura di De Tora? Credo che il Sindaco abbia detto una parola giusta, alludendo a questa geometria umanista, che potrebbe proprio definire bene lo stile e soprattutto lo sviluppo interno dell’opera del nostro artista e credo che questa analisi sia molto importante e precisa. È vero che la Magna Grecia abbia, per molti aspetti, continuato una tradizione di vero Umanesimo Razionale, ed il sud, che incarna De Tora, è un sud razionale e nello stesso tempo irrazionale, tra ordine e disordine e comunque di grandespessore umano. È vero che lo sviluppo interno della sua opera parte da un certo lirismo espressionista, per arrivare molto presto ad una codificazione semiotica veicolata da un impianto geometrico minimale. Da questa semiotica geometrica emerge il ritmo melodico del cromatismo mediterraneo. Credo che in questo senso la sobrietà operativa in cui De Tora sta sviluppando questo incontro sintetico tra pittura e segno, è la realizzazione di un sogno poetico e di passione umanistica. La pittura di De Tora ha dunque un chiaro schema di lettura che corrisponde ad una vocazione alla libertà di pensiero di cui parlavo prima. Insomma, nell’osservare questa pittura mi sento davanti ad un’iconografia,non sacra, ma di deontologia laica. Non voglio fare del sacralismo abusivo, ma non voglio rendere metafisico il linguaggio che non lo è, però questo modo di intendere la pittura è come una lezione morale. Mi sento dematerializzato e più ricco di emozioni davanti alla pittura di De Tora. È con questa osservazione di tipo etico che vorrei concludere riaffermando il senso di stima ed amicizia che mi lega a questo artista di talento. Sono felice di essere con voi a dialogare, in un Museo che ospita cultura visiva.
 
 
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